Edgar Morin, “Le 15 lezioni del corona virus. Cambiare strada”, Raffaello Cortina Editore, 2020, pp. 122, euro 11,00.
In fondo la dinamica socio-culturale che stiamo attraversando a causa del Covid-19 è semplice da comprendere: una malattia grave, contagiosissima, pandemica, sta ricordandoci con durezza che siamo uomini e, in quanto tali, siamo fragilissimi. Non siamo dei, immortali, invincibili. Malattie e morte sono elementi ineliminabili e centrali della nostra realtà. Tutto molto semplice da capire, eppure questa circostanza sta mettendo in crisi decenni, se non secoli, di culture. Come reagire? Può da sola la scienza dare risposte esaurienti? Come realizzare una nuova mappa del mondo così da difenderci e rilanciare la vita umana in una dimensione nuova e magari diversamente espansiva? È quanto sembra chiedersi il grande filosofo francese Edgard Morin nel saggio “Cambiamo strada. Le 15 lezioni del coronavirus”, Raffaello Cortina Editore (traduzione Rosella Prezzo). Lezioni che il virus ci sta impartendo con severità e che non dobbiamo perdere l’occasione di apprendere. Lezioni che riguardano ad esempio le nostre esistenze, la pervasiva incertezza esistenziale, il rapporto con la morte, il senso ultimo della nostra civiltà, la solidarietà, l’uguaglianza, la natura della crisi e ancora la realtà attuale della scienza e della medicina, le crisi dell’intelligenza, le carenze del pensiero e della politica, la crisi dell’Europa e quella del pianeta. A queste le lezioni Morin aggiunge immediatamente le sfide che si presenteranno subito dopo la fine della pandemia: l’economia da rilanciare su nuove basi, l’ecologia, il ruolo del digitale, la crisi della politica, quella della globalizzazione, quella democrazia. Occorre “cambiare strada” radicalmente, approdare a un umanesimo rigenerato che: «riconoscendo l’Homo complexus, comprende la necessità di unire ragione e passione, e che l’affettività umana può condurre all’amore o all’odio, al coraggio o alla paura; che la ragione sola e glaciale è inumana; che la tecnica può portare il meglio e il peggio; che la mente umana non cesserà di produrre miti di cui diventa schiava; che la gratuità, il gioco, le passioni fanno sì che l’interesse economico, per quanto ipertrofico nella nostra civiltà, non la fa mai del tutto da padrone».
Paolo Randazzo
Pezzo pubblicato su la Sicilia del 21 dicembre 2020.